Da qualche tempo mi frullava in testa un'idea: scrivere un blog al femminile che potesse essere letto anche dagli uomini. Un blog di cucina? Sì, ma non solo. Un blog di bon ton e costume? Anche. Un blog che parlasse di libri e film? Certamente, magari con una rubrica dedicata alla posta dei lettori, come:"Scrivi a Cheddonna".
Sì, più ci pensavo più mi sembrava una buona idea, ma come avrei potuto chiamarlo?....Ma certo! Oui, Je suis Cheddonna! ;)

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cheddonna1.blogspot.com

sabato 10 ottobre 2015

Torta margherita “Delle colline senesi”


Ben ritrovati, cari amici.
Chi non conosce la ricetta della torta margherita, quel soffice, liscio, alto e zuccheroso dolce che accompagna da sempre colazioni e merende di grandi e piccini? Ecco, visto che la conoscete tutti e che, eventualmente, il web è pieno di interessanti spunti al riguardo, non starò oggi a riproporvela nelle dosi e nella modalità di preparazione, bensì cercherò di spiegarvi come fare a ottenere, da una semplice torta margherita, una torta margherita “delle colline senesi”.
Perché si chiama così? E’ molto semplice. Chi di voi ha avuto il piacere di visitare i dintorni di Siena ricorda certamente gli incantevoli paesaggi che fanno corona a  una delle più belle città d’arte del mondo: le splendide colline che si susseguono, dolci e arrotondate, rallegrando il paesaggio con il loro colore particolare, chiamato “terra di Siena bruciata”.
Ecco, la torta che vi propongo oggi somiglia in tutto e per tutto alle colline che vi ho appena descritto, per l’irregolarità della sua forma, costellata di piccoli dossi e sporgenze ma, soprattutto, per la sfumatura di marrone, tendente quasi al nero, della sua crosta. Assaporandone una fetta vi sembrerà di trovarvi fra quelle dolci colline (beh, non dolcissime, perché io dimezzo sempre le dosi di zucchero indicate sulle ricette!).
Il segreto di questa torta? Dicono che molto dipenda dal forno, ma non preoccupatevi se, al primo tentativo, non riuscirete a ottenere l’effetto sperato.
Un consiglio? Durante la cottura cercate di tenervi occupati: leggete un libro, telefonate a un amico, navigate su Internet alla ricerca di nuove ricette, senza badare troppo al fastidioso trillo del timer in sottofondo e vedrete che, prima o poi, i risultati si vedranno. A sabato prossimo, con una nuova, fantastica ricetta di sussistenza!

venerdì 2 ottobre 2015

Ciambella di riso "una volta qui era tutta campagna"

Buongiorno, amiche e amici di "Oui, je suis Cheddonna"!
Eh, sì, è passato un po'di tempo dall'ultima volta che ho aggiornato il mio blog, ma, sapete com'è, ho avuto parecchio da fare con la pubblicazione e le presentazioni del mio libro di ricette "Fornelli estremi: la cucina di sussistenza". Ora, però, sono tornata, con altre, scoppiettanti (ehm...è proprio il caso di dirlo!) ricette e vi aspetto ogni sabato con un nuovo appuntamento.
La ricetta di questa settimana è un piatto vintage, che mi preparava NonnaNenna quando ero piccola (già, la signora Berenice, mia madre, non è mai stata una gran cuoca) e che mi fa tornare ogni volta un po' bambina. L'ho chiamata:

Ciambella di riso "Una volta qui era tutta campagna", per il suo gusto un po' retrò.
Scommetto che non potrete più farne a meno!

Prendete una pentola piuttosto grande e riempitela di abbondante acqua salata. Sapete, da quando ho comprato il nuovo piano cottura con super-wok a tripla corona, bolle in un attimo! Occhio solo a non lasciarla più di cinque minuti sul fuoco, altrimenti non vi resterà che constatare che il sale, quando l'acqua è completamente evaporata, torna a cristallizzarsi, e vi toccherà cominciare tutto daccapo.
Versate nell'acqua bollente mezzo chilo di riso, lessatelo (niente paura, se scuoce non se ne accorgerà nessuno) e, dopo averlo scolato, amalgamatevi tre uova e un' abbondante spolverata di noce moscata.
Imburrate, cospargete di pan grattato uno stampo a ciambella e versatevi il composto, poi infornate il tutto per una ventina di minuti in forno ben caldo, sui 180 gradi. Le uova formeranno una bella crosticina invitante sulla superficie (anche se lo saprete solo voi perché, per sformarla, la ciambella va girata, ma è comunque una bella soddisfazione).
Nel frattempo, in una casseruola, avrete preparato un soffritto di cipolla (io, dopo aver indossato dei guanti usa e getta ne taglio una in quattro parti e la getto in fretta nell'olio caldo, perché, diciamocelo, l'odore di cipolla sulle mani è davvero troppo cheap e, oltre tutto, non va più via) sul quale verserete mezzo chilo di carne tritata, una bottiglia di passata di pomodoro, eventualmente aggiungendo un bicchiere d'acqua, e sale q.b.
Lasciate cuocere fino al completo assorbimento dei liquidi e, infine, bagnate di nuovo con abbondante vino rosso. Occhio, anche stavolta, al super-wok, perché se è vero che permette una cottura ultra- rapida, è altrettanto vero che è capace di trasformare un ragù in carbonella per il barbecue in pochi istanti, proprio sotto ai vostri occhi.
A cottura ultimata, versate nel buco della ciambella di riso il composto fumante (mi raccomando, se è fiammeggiante spegnetelo, prima!) e servite con una Bonarda docg.
Voilà, la nostalgia è servita.
Vi aspetto sabato prossimo, sempre qui!